OMISSIONE DELLA DICHIARAZIONE ANNUALE ED EFFETTI SULL’UTILIZZABILITA’ DEL CREDITO
2016-11-17 BLuStudio
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, nelle sentenze n. 17757 e 17758 dello scorso 8 settembre, ha riaffermato il seguente importante principio: l'omissione dichiarativa relativa all'imposta sul valore aggiunto non può impedire l'utilizzo in detrazione del credito IVA del periodo di imposta, attuato dal contribuente mediante il riporto a nuovo del credito nella dichiarazione successiva, nel caso in cui venga dimostrata l'effettività del credito stesso.
La Suprema Corte, tuttavia, ha fissato i requisiti necessari per il riconoscimento immediato del credito da dichiarazione omessa: devono essere stati rispettati tutti i requisiti di carattere sostanziale legittimanti il diritto alla detrazione, anche se non è stata presentata la dichiarazione relativa all'anno di maturazione del credito.
Sempre in tema di omissioni dichiarative, risulta sempre possibile far valere, in sede di accertamento o di giudizio, le omissioni e gli errori commessi, indipendentemente dal rispetto dei termini di invio delle dichiarazioni di cui all'art. 2 del D.P.R. 322/1998, come hanno precisato le Sezioni Unite nella sentenza n. 13378 del 30 giugno 2016. La Suprema Corte ha infatti affermato che il contribuente «in sede contenziosa può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull'obbligazione tributaria» e l'amministrazione finanziaria «non può pretendere la restituzione di somme per ragioni di pura forma senza addurre rilievi sulla loro effettiva spettanza». La Cassazione ha, pertanto, ritenuto che le questioni relative all'omessa presentazione della dichiarazione sono strettamente connesse a quella dell'emendabilità della stessa dichiarazione, perché «si tratta, in sostanza, di porre rimedio a errori e/o omissioni del contribuente, in presenza di situazioni legali e veritiere». A tal fine, è stata anche valorizzata l'affermazione, contenuta nella circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 21/E del 9 maggio 2013, secondo la quale «la dimostrazione dell'esistenza contabile del credito nel contraddittorio col Fisco pone il contribuente in condizione equivalente a quella nella quale si sarebbe trovato se avesse correttamente presentato la dichiarazione».
Le pronunce in commento si inseriscono nel solco giurisprudenziale che, aderendo alla dottrina prevalente, qualifica la dichiarazione tributaria come mero "atto di scienza" per ciò stesso ritrattabile e non in grado di determinare la perdita di diritti soggettivi sostanziali. Ciò sempreché l'indicazione del dato in dichiarazione non sia prevista, quale elemento costitutivo od obbligatorio, da una fonte normativa, come accade ad esempio per le rivalutazioni dei valori di beni e partecipazioni e per taluni crediti di imposta, tra cui il credito di imposta sulla ricerca scientifica citato nella sentenza n. 13378 sopra commentata.
La Suprema Corte, tuttavia, ha fissato i requisiti necessari per il riconoscimento immediato del credito da dichiarazione omessa: devono essere stati rispettati tutti i requisiti di carattere sostanziale legittimanti il diritto alla detrazione, anche se non è stata presentata la dichiarazione relativa all'anno di maturazione del credito.
Sempre in tema di omissioni dichiarative, risulta sempre possibile far valere, in sede di accertamento o di giudizio, le omissioni e gli errori commessi, indipendentemente dal rispetto dei termini di invio delle dichiarazioni di cui all'art. 2 del D.P.R. 322/1998, come hanno precisato le Sezioni Unite nella sentenza n. 13378 del 30 giugno 2016. La Suprema Corte ha infatti affermato che il contribuente «in sede contenziosa può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull'obbligazione tributaria» e l'amministrazione finanziaria «non può pretendere la restituzione di somme per ragioni di pura forma senza addurre rilievi sulla loro effettiva spettanza». La Cassazione ha, pertanto, ritenuto che le questioni relative all'omessa presentazione della dichiarazione sono strettamente connesse a quella dell'emendabilità della stessa dichiarazione, perché «si tratta, in sostanza, di porre rimedio a errori e/o omissioni del contribuente, in presenza di situazioni legali e veritiere». A tal fine, è stata anche valorizzata l'affermazione, contenuta nella circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 21/E del 9 maggio 2013, secondo la quale «la dimostrazione dell'esistenza contabile del credito nel contraddittorio col Fisco pone il contribuente in condizione equivalente a quella nella quale si sarebbe trovato se avesse correttamente presentato la dichiarazione».
Le pronunce in commento si inseriscono nel solco giurisprudenziale che, aderendo alla dottrina prevalente, qualifica la dichiarazione tributaria come mero "atto di scienza" per ciò stesso ritrattabile e non in grado di determinare la perdita di diritti soggettivi sostanziali. Ciò sempreché l'indicazione del dato in dichiarazione non sia prevista, quale elemento costitutivo od obbligatorio, da una fonte normativa, come accade ad esempio per le rivalutazioni dei valori di beni e partecipazioni e per taluni crediti di imposta, tra cui il credito di imposta sulla ricerca scientifica citato nella sentenza n. 13378 sopra commentata.